Organismo di vigilanza


L’art. 6, comma 1, lett. b) del Dlgs 231 prevede che “il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei Modelli, di curare il loro aggiornamento” debba essere affidato “a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo” e il comma 4, lett. d) sottolinea l’obbligo di controllo dell’organo cui è affidato il particolare compito di vigilare sul rispetto del Modello 231: tale Modello può costituire un’esimente da responsabilità solo se l’ente prova che non vi è stata “omessa” o “insufficiente” vigilanza da parte dell’Organismo di Vigilanza.

I criteri di composizione dell’Organismo di Vigilanza si sono modificati nel tempo in relazione ad una serie di fattori che hanno riguardato principalmente:

  • La diversa interpretazione e importanza attribuite al connotato di “indipendenza” dell’Organismo di Vigilanza;
  • La riforma del diritto societario e l’introduzione nel Decreto dei reati societari;
  • Orientamenti giurisprudenziali nel frattempo formatisi in materia di responsabilità amministrativa degli enti;
  • Recenti semplificazioni del Governo Monti.

In tale contesto, si ritiene utile raccogliere e sintetizzare le posizioni della giurisprudenza, della dottrina e della prassi in merito alla composizione dell’Organismo di Vigilanza, con specifico ed esclusivo riferimento ai requisiti di professionalità, autonomia, indipendenza e continuità di azione che il legislatore pone astrattamente in capo all’Organismo stesso.

TROVA un componente esterno!
L’Odv interno NON è sempre la soluzione migliore!

Come comporre l’organismo di vigilanza?


Esistono varie opzioni possibili circa la composizione dell’Organismo di Vigilanza, nessuna delle quali è “migliore” in senso assoluto; la preferenza andrà accordata in ragione di una serie di considerazioni riferite alla specifica realtà dell’ente: complessità organizzativa, tipicità operative, numero e caratteristiche delle aree a rischio, articolazione del sistema di controllo preesistente, presenza di competenze interne adatte a ricoprire il ruolo, ecc.

L’unica alternativa che, almeno in linea generale, sembra debba essere accantonata – quantomeno nell’ottica di porsi preventivamente al di fuori da probabili critiche della magistratura – è quella dell’OdV (plurisoggettivo o, peggio, monocratico) formato tutto da personale subordinato dello stesso ente.

Quest’idea sarebbe rafforzata dai seguenti elementi:

  1. Presenza di mansioni tipiche differenti da quelle di controllo in senso stretto: le attività dell’Organismo di Vigilanza non possono essere svolte da dipendenti che hanno già precisi e impegnativi obblighi contrattuali da espletare (ad esempio, responsabilità amministrativa, responsabilità finanziaria, ecc.);
  2. Assenza o inconsistenza del compenso per la funzione nell’Organismo di Vigilanza. Nessuno è disposto a lavorare gratis e la carica di membro dell’Organismo di Vigilanza non può certo essere di tipo meramente “onorario”.

IN OGNI CASO, I COMPONENTI DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA DEVONO AVERE IDONEE COMPETENZE PROFESSIONALI E POSSEDERE/ACQUISIRE UN’APPROFONDITA CONOSCENZA DELLA STRUTTURA ORGANIZZATIVA DELL’ENTE, OLTRE CHE LA TOTALE PADRONANZA DEL MODELLO.

La nostra struttura ha nell’Ing. Gianluca Lombardi la figura già presente in Organismi di Vigilanza in ambito sanitario e assistenziale, preparata dal punto di vista amministrativo (ingegnere gestionale), ma profondo conoscitore degli aspetti tecnici relativi alla sicurezza nei luoghi di lavoro (RSPP per diverse strutture), dei reati informatici (Consulente tecnico di Ufficio presso il Tribunale di Como per i reati informatici, Consulente Tecnico di Parte in vari procedimenti, Socio CLUSIT), della legge sulla Privacy (Master come Privacy Officer, Delegato Provinciale Federprivacy, Certificato TUV secondo la norma UNI ISO 17024:2004).