
Lo smart working e i risvolti sul Modello 231
26 Gennaio 2021
Premessa
È innegabile che il periodo storico che stiamo vivendo abbia inaugurato un tempo indeterminato di convivenza con la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, comportando per le aziende la necessaria adozione o, in alcuni casi, il mero adeguamento a misure di sicurezza mutevoli al mutare dello scenario pandemico.
Punto di partenza comune è che, al dichiarato fine di tutelare nella misura massima possibile la salute pubblica, le normative contenute dai Decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno indotto le aziende a rivedere i propri protocolli interni sulla valutazione e gestione del rischio sui luoghi di lavoro per evitare le sanzioni previste dall’art. 25-septies dello stesso D.lgs. 231/2001.
La questione involge, nondimeno, anche il massivo ricorso allo smart working, coperto a sua volta dagli obblighi di sicurezza che gravano sugli ambienti di lavoro canonici.
I punti di contatto tra la sicurezza sul lavoro e la materia del D.lgs. 231/2001
Dal 2007 il legislatore ha inserito nel catalogo dei reati l’art. 25-septies in materia di omicidio e lesioni personali aggravate commesse per violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro.
Da quel momento in poi, quindi, le aziende hanno dovuto dotarsi di misure specifiche a tutela della salute dei dipendenti, al fine di evitare di essere esposte ad una delle sanzioni previste dal Decreto.
L’avvento del Covid-19 e la sua considerazione imprescindibile in un’ottica di continuità e di convivenza con una situazione che da emergenziale è divenuta stabile e ordinaria, ha imposto alle aziende l’onere di dotarsi di misure specifiche volte a prevenire il rischio del contagio tra i propri dipendenti al fine di evitare la diffusione del virus.
Al metro della compliance, allora, le imprese hanno dovuto predisporre procedure idonee ad aumentare i livelli di sicurezza e prevenzione ai fini dell’eventuale valutazione di adeguatezza del Modello ex. D.lgs. 231/2001.
Lo Smart working e la sicurezza sul lavoro
Queste premesse vanno calate nello specifico momento storico della gestione pandemica che comporta il ricorso massivo al c.d. smart working.
Il lavoro agile è espressamente normato dalla legge n.81/2017.
Secondo tale previsione sussistono obblighi specifici in capo al datore di lavoro e al sistema collegato all’esecuzione delle prestazioni lavorative, così come esplicitato in tema di sorveglianza sanitaria sui lavoratori fragili.
Resta, pertanto, anche nella situazione emergenziale che stiamo vivendo, inderogabile il dovere del datore di lavoro di identificare i rischi specifici cui sono esposti i lavoratori anche nelle sedi prescelte per lo svolgimento del lavoro agile.
Conseguenza diretta ne è che l’azienda non può esimersi dal dotarsi di procedure e misure tecniche per fronteggiare i rischi: pertanto, nel caso in cui un dipendente contragga una malattia o venga coinvolto in un infortunio potrebbe emergere una responsabilità del datore di lavoro per uno dei reati previsti dal catalogo del D. lgs. 231/2001, nello specifico col titolo di omicidio colposo o lesione personale colposa.
In questo contesto si inserisce l’art. 29-bis del Decreto Legge n. 23/2020, convertito in legge 40/2020: la norma prevede che il datore di lavoro che adotta protocolli adeguati alla più recente normativa adempie alle prescrizioni di cui all’art. 2087 del codice civile.
Tale articolo sottende un doppio profilo: da un lato, ribadisce il perdurare della responsabilità penale del datore di lavoro che violi la normativa secondaria di riferimento; dall’altro, non esime da responsabilità penale il datore di lavoro che non abbia adempiuto alle norme in tema di sicurezza sul lavoro idonee a determinare una responsabilità ex art. 25-septies D.lgs. 231/2001.
Ancora, non sono da trascurare, perché perduranti in capo al datore di lavoro e alle funzioni aziendali precipuamente predisposte, la necessità continua della sorveglianza sanitaria eccezionale sui soggetti fragili, nonchè gli obblighi in tema di verifica della sicurezza delle apparecchiature e dei videoterminali.
Sotto il profilo dei diritti specificamente previsti, poi, vanno adottate misure volte ad evitare l’isolamento del lavoratore a distanza, provvedendo a coinvolgerlo comunque nelle dinamiche aziendali, consentendo l’accesso alle informazioni e garantendo la partecipazione, anche quando da remoto, ad incontri relativi all’attività dell’azienda.
Nondimeno ruolo centrale ha assunto anche il c.d. diritto alla disconnessione che deve essere garantito per il assicurare il benessere psico-fisico dei lavoratori e delle persone che con questi condividono lo spazio del lavoro agile (per lo più familiari e conviventi).
Da quanto sinora detto è innegabile che le aziende non possano calare l’attenzione sui temi della sicurezza del lavoro e sull’adeguamento alle normative più recenti sul tema, tenendo conto della circostanza che gli effetti dell’emergenza sanitaria sono tutt’altro che limitati e contenuti nel tempo.