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Premessa

Con la sentenza n. 9006/2022 la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha affrontato la questione del perdurare della responsabilità penale dell’ente nel caso di estinzione della società.

Gli esiti cui gli ermellini sono pervenuti stravolgono la precedente impostazione fondata sulla interpretazione strictu sensu letterale del testo del Decreto, con l’esito ultimo di estendere l’area di applicazione dello stesso.

Le motivazioni della Corte

La questione posta all’attenzione della Corte non è nuova ed era già stata affrontata con due pronunce, rese nel 2019 e ancora più di recente nel 2021, che avevano sostenuto come la sopravvenuta estinzione della società fosse equiparabile, in punto di effetti, alla morte del reo con conseguente estinzione anche del procedimento penale instaurato in capo all’ente.

Nella più recente pronuncia, invece, la Corte, prendendo le mosse dalle medesime argomentazioni poste a fondamento dei suoi precedenti, finisce col ribaltarli completamente negli esiti.

La percezione è che la spinta al revirement sia stata motivata proprio dal reato immaginato nella contestazione: tra i reati contestati, infatti, risaltava la presenza delle lesioni personali colpose che nell’ambito del decreto legislativo confluiscono in quel gruppo di norme che si sovrappongono a quelle sulla sicurezza sul lavoro, pure coperte dalla disciplina del D.lgs. 81/2008.

Ci si è soffermati a più riprese su quanto il tema della sicurezza del lavoro sia delicato e quindi attenzionato da legislatore, ponendo obblighi in temi di formazione e disciplina di settore.

Proprio per questo è ragionevole ritenere che su ciò abbia trovato fondamento la valutazione di opportunità alla base del cambio di passo della Corte.

Il ragionamento seguito dalla Corte appare estremamente semplice nel suo incedere: poiché alla cancellazione della società dal registro delle imprese non consegue necessariamente la cessazione di tutti i rapporti giuridici – al di là delle attività idonee a esplicitare l’esercizio dell’attività di impresa – allo stesso modo, in capo ai soci, continua il processo penale.

Questo intanto perché la cancellazione dal registro delle imprese può essere una strategia processuale – che arriverebbe a negare una delle ispirazioni dell’introduzione, oramai 21 anni or sono, del D.lgs. 231/2001, ovvero il fornire una risposta giuridica al fenomeno della c.d. irresponsabilità di impresa – e poi perché, diversamente ragionando,  si avrebbe uno squilibrio con l’esposizione debitoria.

Altro punto toccato dalla sentenza, infatti, muove da un parallelismo con la disciplina del fallimento: persino quando una società sia dichiarata fallita, questa condizione non paralizzerebbe la prosecuzione del processo penale, ma lascerebbe aperta la strada alla necessità dell’accertamento di una responsabilità penale.

Le cause di estinzione del processo sono tassative e il D.lgs. 231/2001, nella parte in cui richiama le norme del codice penale, non fa alcun riferimento espresso alle cause di estinzione del processo per morte del reo, limitandosi a richiamare la sola amnistia.

Diversamente, le norme che disciplinano le ipotesi di trasformazione dell’ente (fusione, scissione) prevedono l’espressa prosecuzione del procedimento in capo all’ente che si origina da tale processo di trasformazione. Queste norme forniscono il grimaldello per ancorare il cambio di passo nella decisione degli ermellini.

Conclusioni

La Corte di Cassazione stravolge gli orizzonti applicativi del D.lgs. 231/2001, ampliandone il raggio di azione nel tempo.

C’è da vedere se e in che misura tale impostazione sarà seguita nel tempo dalla giurisprudenza che verrà, che finora aveva interpretato in senso letterale gli stessi argomenti secondo il criterio della stretta tassatività, che escludeva la prosecuzione del processo in capo ai soci dell’ente cancellato perché non espressamente previsto.

La sentenza rappresenta la prova di come argomenti di opportunità e tutela dei diritti siano capaci di orientare il diritto e le sue decisioni, anche nei massimi consessi.

Allo stato, non può tralasciarsi però come l’ampliamento del raggio rende ancor più centrale l’adozione di un Modello 231 per favorire la dialettica processuale a giudizio instaurato e, secondo questo disposto, proseguito.

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