
Il recepimento della direttiva PIF e la nuova stretta sui reati tributari nel sistema della responsabilità ex D.lgs. 231/2001
21 Luglio 2020
Premessa
Il 23 gennaio scorso, il Consiglio dei Ministri aveva approvato un decreto legislativo di attuazione della direttiva UE 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale.
Tale normativa sottendeva la ratio di chiudere il cerchio della tutela degli interessi finanziari dell’Unione rispetto a condotte fraudolente gravi nel settore finanziario.
Il recepimento di questa normativa si innestava, nel contesto dei reati previsti dal catalogo normativo del D.lgs. 231/2001, sulla recente introduzione di alcuni illeciti tributari (prevalentemente in materia di IRES e IVA) nel novero dei reati che potessero giustificare una responsabilità d’impresa.
Il 14 luglio ultimo scorso si è messo a punto l’ennesimo tassello di questo percorso in continuo divenire con l’adozione del D.lgs. n. 75 recante “Attuazione della direttiva (UE) 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale” (c.d. Direttiva PIF) che contiene importanti modifiche nel codice penale, ma anche, per quello che qui maggiormente interessa, ulteriori ampliamenti del catalogo dei reati del D.lgs. 231/2001.
Le recenti modifiche entrate in vigore.
Il decreto attuativo della Direttiva (UE) 2017/1371 ha un innegabile notevole impatto sul diritto penale di impresa venendo, da un lato, a introdurre nuove fattispecie rilevanti ai fini del catalogo dei reati e dall’altro, modificando il quadro sanzionatorio di alcuni reati già previsti dalla normativa o di recente introduzione, inasprendo in maniera sensibile le relative sanzioni.
Nello specifico, l’art. 5 del D.lgs. n. 75/2020, ha introdotto modifiche di ampio respiro.
Tra queste una preliminare menzione spetta all’estensione del catalogo al nuovo art. 25-sexiesdecies D.Lgs. 231/2001, avente ad oggetto i delitti di contrabbando (fattispecie previste dal decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43).
Nondimeno, oltre ad aver interessato i delitti di cui agli artt. 24 e 25, relativi, rispettivamente, alle frodi nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.), nonché alle frodi in agricoltura, anche in danno dell’Unione europea e ai reati di peculato, peculato mediante profitto dell’errore altrui (art. 314 e 316 c.p.), nonché alla fattispecie di abuso di ufficio, quando anche questi siano accomunati dalla offesa degli interessi finanziari dell’Unione, ha riguardato in maniera più mirata e consistente l’art. 25-quinquiesdecies.
Sono stati così introdotti i delitti di dichiarazione infedele, omessa dichiarazione e indebita compensazione (artt. 4, 5 e 10-quater D.lgs. 74/2000), se commessi nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro.
Tra tutte le innovazioni, che entreranno in vigore a partire dal prossimo 30 luglio 2020, particolare interesse assumono proprio quelle in tema di reati tributari, poiché recentissima era stata la loro introduzione, dopo un travaglio ermeneutico che aveva a più riprese stimolato il legislatore a procedere all’introduzione normativa.
Conclusioni.
Le aziende che hanno adottato un Modello 231 sono chiamate nuovamente a svolgere attività di adeguamento del loro Modello e dei relativi compliance programs alle nuove fattispecie di reato, al fine di validarne l’efficienza nell’ottica di un’eventuale efficacia esimente.
Ancora una volta diviene essenziale la ricognizione di modelli e procedure interne di compliance già esistenti, relativi ai processi interessati dalle innovazioni legislative, al fine di mappare le attività sensibili a rischio di commissione dei nuovi reati, fino ad arrivare all’aggiornamento del MOG 231 e alla predisposizione delle misure per l’effettiva attuazione.
Come si era già detto all’atto della primissima introduzione dei reati tributari nel catalogo, l’analisi dei processi a rischio deve sempre essere condotta in senso ampio, per evitare alle imprese una moltiplicazione degli impegni in termini di dispendio di ricorse economiche per le attività produttive e di costi economici da sostenere per l’adeguamento dei Modelli ai fini del mantenimento della loro efficacia esimente nell’eventualità in cui si abbia a verificare una condotta delittuosa.