
Il Decreto Legislativo 231/2001: luci, ombre e spunti di riflessione
10 Novembre 2021
Premessa
Nell’ambito delle iniziative promosse per il ventennale dall’adozione del Decreto Legislativo 231/2001 si annovera anche la recente partecipazione della ministra della Giustizia Marta Cartabia ad un convengo dal titolo “La responsabilità degli enti tra presente e futuro, un bilancio della riforma a vent’anni dal d.lgs. n. 231 del 2001”.
Nel corso del suo intervento, la Guardasigilli ha toccato i punti centrali dell’esperienza del primo ventennio di applicazione del decreto, tracciando anche un importante spunto applicativo per l’agenda dei lavori che seguirà puntando al miglioramento dell’attuale impianto del decreto.
L’intervento del Ministro
E’ la prevenzione il perno centrale dell’intervento del Ministro sullo stato dell’arte del Decreto.
Attraverso questo concetto si crea un aggancio fondamentale con l’art. 27 della Costituzione e sul principio di rieducazione della pena, che tarato sulle persone fisiche nella Carta Fondamentale, trova il suo punto di raccordo nell’ente nella cultura della prevenzione e della compliance normativa.
Per questo l’ispirazione alla prevenzione che innerva il Sistema 231 rappresenta un aspetto incentivante legato da più parti alle altre forme di compliance aziendale.
Nessun dubbio, infatti, si nutre, ad oggi, sulla validità dei principi di fondo che ispirano il Decreto e che, all’esito della loro ventennale applicazione, rappresentano “un capitolo prezioso” in sé, ma anche in confronto al diritto penale sostanziale, un vero e proprio benchmark con cui misurarsi.
La responsabilità da reato degli enti, infatti, ha mostrato di avere l’attitudine ad esportare nel diritto penale elementi virtuosi che possono anche adoperarsi in altri settori.
Dal punto di vista statistico, i reati più frequentemente contestati sono annoverati tra i reati ambientali, i reati informativi, le truffe e – difficile immaginare il diversamente – i delitti in materia di sicurezza sul lavoro.
Su questo punto, in particolare, come ricordato a più riprese, c’è concordia nel ritenere che l’adozione del Modello 231 sul rappresentare un grande contributo all’adozione di pratiche standardizzate e tese alla prevenzione di reati di questo tipo.
L’intervento della ministra, infine, ha toccato parte di quelli che possono dirsi allo stato i nodi da sciogliere sul tavolo: il rimarcare la differenza tra piccole e medie imprese per quello che riguarda i costi della compliance; l’alternativa tra dei modelli tipizzati e quelli c.d. “sartoriali”; l’applicazione del ne bis in idem e i nuovi reati tributari.
Tutti elementi comunque connotati dalla percezione della centralità del Modello 231 per il diritto penale in senso lato.
Conclusioni
Restano ancora dei temi caldi preannunciati nell’intervento della Ministra.
Un primo spunto di riflessione riguarda la verifica del rapporto tra il Decreto e quello che nel diritto penale e processuale penale è cambiato negli anni, per adeguarlo e renderlo ancora più efficiente.
Nondimeno centrale è un tagliando sullo stato dell’arte dell’avanzamento tecnologico che può portare a una grande trasformazione, in termini di potenziamento, degli strumenti di compliance.
Il riferimento è, ovviamente, al Tax Control Framework che ha ormai generalizzato l’ausilio di strumenti informatici finalizzati alla gestione del rischio di compimento di reati tributari.
Infine, rilievo centrale, viene assegnato all’aspetto della compliance integrata, grazie alla quale un’azienda può attestarsi su livelli virtuosi di adeguamento normativo.
La cifra finale e conclusiva dell’intervento della Guardasigilli, allora, passa per una componente essenziale di rinnovamento finalizzati, però, al mantenimento di standard alti di prevenzione dal compimento di reati riconoscendo un indispensabile ruolo centrale al Modello 231.