
Il crollo del ponte Morandi: tra ipotesi e certezze
11 Settembre 2018
Sono moltissime le persone che ogni giorno percorrono un tratto autostradale. I motivi possono essere diversi: chi ha voglia di concedersi un giorno di fuga al mare o in montagna, chi deve recarsi al lavoro, da un partente o da un amico. Lo scorso 14 agosto abbiamo purtroppo assistito al crollo del ponte Morandi, presente sulla A10, che ha portato alla morte di 43 persone. Un bilancio che, considerato il periodo dell’anno e l’intensità del traffico poteva addirittura essere peggiore.
Di chi è la responsabilità?
Sono venti le persone iscritte al registro degli indagati della Procura di Genova. Sono coinvolti i vertici di Autostrade per l’Italia e la società stessa, che ha in concessione il tratto autostradale, in particolar modo l’amministratore delegato e il responsabile di manutenzione.
Quest’ultimo avrebbe affidato, nel 2015, il progetto all’azienda Spea, anch’essa controllata come Autostrade dal gruppo Atlantia, della famiglia Benetton.
Di che cosa si occupa Spea? Di effettuare studi di fattibilità, progettazione e direzione dei lavori, al fine di garantire la nascita di nuove infrastrutture, alle quali bisogna effettuare periodicamente attività di monitoraggio e manutenzione.
Nella lista degli indagati sono presenti anche alcune figure del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti che hanno avuto un ruolo nell’approvazione dei lavori di messa in sicurezza del ponte, tra cui il responsabile della Direzione generale vigilanza autostradale del Mit, il suo predecessore, i due dirigenti della divisione della vigilanza e il capo dell’ufficio ispettivo territoriale.
Gli inquirenti indagano per disastro colposo, omicidio colposo stradale plurimo e omicidio colposo plurimo aggravato dal mancato rispetto della normativa anti-infortunistica.
Ma, come accade inevitabilmente in questi casi, le indagini si svolgono anche in base alla legge 231/01, per stabilire la responsabilità degli enti per i reati commessi dagli amministratori.
Per poter giungere a delle conclusioni più chiare sarà necessario effettuare una serie di esami tecnici irripetibili.
Questo consentirà di determinare e attribuire con chiarezza eventuali responsabilità. Intanto i periti hanno consegnato una relazione sulle possibili cause del crollo attribuendole a un “cedimento strutturale all’antenna del pilone 9, il punto in cui i tiranti si congiungono all’estremità del sostegno.”
Pare che da diverso tempo i dirigenti del Mit avessero palesato la necessità di ristrutturazione del Ponte Morandi e che i tempi si stessero prolungando eccessivamente.
Continuano quindi le perquisizioni sulla documentazione sia cartacea che informatica, soprattutto in tema di manutenzione di infrastrutture.
Le possibili cause del crollo
La manutenzione e la sicurezza, in questo caso, dove sono? Analizziamo insieme alcune possibili cause della caduta del ponte:
- Rottura dei tiranti trasversali per la ruggine. La corrosione ha infatti ridotto al 20% i cavi metallici negli stralli
- Scarsa resistenza del calcestruzzo, collasso e degradazione del cemento. Ricordiamo che il viadotto è stato costruito tra il 1963 ed il 1967, considerando che successivamente gli stralli sono stati realizzati in acciaio e in fibra di carbonio
- Cedimento del terreno sottostante. Possono essere molteplici le cause geologiche o sismiche che possono aver destabilizzato la superficie su cui erano stati costruiti i piloni
- Carenza di manutenzione ordinaria e straordinaria. A questo proposito si ha anche la testimonianza di Saverio Ferrari, uno degli ingegneri che costruì il ponte: “Denuncia alla società Morandi strane oscillazioni sulle giunture, mi risposero che non c’erano soldi per sistemarle”.
- Incremento del traffico di mezzi pesanti, sono giunti sino a 25,5 milioni i transiti di veicoli in un anno. Un dato quadruplicato rispetto a 30 anni fa.
Sarà al termine di un lungo iter di indagini, analisi, controlli e verifiche che si riusciranno ad individuare i veri responsabili del crollo del ponte Morandi. La responsabilità degli enti coinvolti, laddove confermata, potrebbe avere conseguenze gravi e portare a sanzioni interdittive quali
a) l’interdizione dall’esercizio dell’attività;
b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
I singoli soggetti ritenuti responsabili del terribile incidente incorreranno in sanzioni penali.