
I reati agroalimentari e la compliance.
26 Maggio 2021
Premessa.
Tra i settori che hanno trovato maggiore crescita imprenditoriale nel corso della pandemia un posto di prim’ordine è indiscutibilmente occupato dall’area del food&beverage.
Non è un caso, quindi, che recentemente il dibattito in tema di responsabilità di impresa si sia diretto verso un nuovo rimaneggiamento dei reati previsti dal catalogo del D.lgs. 231/2001 al fine di introdurre anche i reati agroalimentari.
La riforma, pensata di ampio respiro, andrebbe a incidere in maniera organica sia sul codice penale sia sulla normativa specifica della responsabilità penale di impresa al precipuo scopo di creare una cintura di protezione attorno al fenomeno dei “food crimes”.
I risvolti per la responsabilità delle imprese.
L’emergenza sanitaria in corso ha accelerato il processo di presa di coscienza dell’importanza centrale che riveste nell’economia nazionale il settore agroalimentare.
Conseguenza diretta ed immediata di questa considerazione risiede nel progetto di introdurre, nel sistema della responsabilità da reato dell’ente, anche delle specifiche fattispecie inerenti la materia.
In particolare, il disegno di legge prevederebbe l’introduzione di due nuove fattispecie, gli artt. 25-bis.2 e 25-bis.3, rubricati rispettivamente “Frodi nel commercio di prodotti alimentari” e “Delitti contro la salute pubblica”, che contengono sia nuove fattispecie incriminatrici sia delitti già esistenti ma che sarebbero sottoposti a riformulazione volte a tutelare la produzione agroalimentare, la salute pubblica e, nondimeno, la sicurezza alimentare.
Tuttavia, l’aspetto più incisivo della riforma, atterrebbe alla predisposizione di un Modello Organizzativo ad hoc, le cui specificità sono indicate dall’identificazione precisa di alcuni obblighi giuridici nazionali e sovranazionali.
Accanto a valutazione e gestione del rischio, da una parte, e periodicità delle verifiche su effettività e adeguatezza del Modello, il nuovo articolo 6-bis introdurrebbe un obbligo di compliance allargato alle normative interne ed europee in tema di tutela dei consumatori, obblighi di protezione della genuinità e sicurezza degli alimenti e, infine, in materia di rintracciabilità della filiera di produzione del prodotto.
Trattandosi di una previsione di ampio respiro il disegno di legge prevede, sulla scorta di quanto già in vigore in tema di sicurezza sul lavoro, un ventaglio di requisiti minimi da rispettare, che sebbene già presenti in parte nell’art. 6 D.lgs. 231/2001, sono già considerati parte integrante dei modelli perché annoverati tra le best practices in materia di 231/01 in quanto idonee a tenere insieme la materia della compliance aziendale agli obiettivi di miglioramento aziendale.
Ultima nota significativa di questo slancio riformatore attiene, infine, alla qualificazione dei membri dell’OdV che, sebbene resti di possibile composizione monocratica, deve essere necessariamente caratterizzato da specifica competenza nel settore agroalimentare, comprovata dall’iscrizione in uno specifico albo della Camera di Commercio.
Le attività di adeguamento delle PMI.
Quello sin qui illustrato è un piano di riforma molto ampio il cui impatto, in punto di attuazione, potrebbe essere non così trascurabile.
Per questa ragione le aziende del settore ben possono iniziare a predisporre degli strumenti di supporto e di predisposizione preventiva.
Certamente, le piccole e medie imprese che ancora non si sono dotate di un Modello potrebbero sfruttare questo momento di ripartenza per cominciare a predisporre un’organizzazione aziendale virtuosa, così da agevolare il semplice adeguamento una volta che il disegno di legge venga approvato.
Questo anche e soprattutto perché lo stato attuale dell’arte delle best practices permette un livello di tutela sufficientemente avanzato da garantire un minimo sforzo per l’adeguamento futuro.
Adottare oggi un sistema di compliance 231 rappresenterebbe un valore aggiunto per le sfide del domani.